I prossimi brani che voglio preparare con il mio coro!
- Caresse sur l'océan
- Cerf-volant
I prossimi brani che voglio preparare con il mio coro!
[...]
SIRIO - La figura che vedi di fronte a noi è un'illusione creata da qualcuno che si trova molto lontano da qui. Non so dove.
PEGASUS - Possibile?
SIRIO - (ha una visione) Pegasus! Vedo chiaramente l'uscita della terza casa!
PEGASUS - Ah sì? E dove?
SIRIO - Fidati di me una volta e seguimi!
PEGASUS - (allarmato) Ma come? Dove andiamo?
SIRIO - Lasciati guidare! Taci! Non fare domande!
PEGASUS - Che cosa vuoi fare? Davanti a noi c'è Gemini e intorno solidissime mura che tutto sembrano tranne che fatte di cartone!
SIRIO - La terza casa è soltanto un'illusione...
PEGASUS - Un'illusione? La terza casa un'illusione?
SIRIO - (trascinando avanti Pegasus) Esatto!
PEGASUS - Non sai quel che dici! Lasciami, ora!
SIRIO - No: adesso tu verrai con me, Pegasus. L'uscita è qui davanti a noi. Preparati! (Si lancia verso Gemini, urlando e trascinando con sé Pegasus) Ah!
PEGASUS - (terrorizzato) No! Sirio! No!! (I due attraversano il muro e si ritrovano immersi in una luce abbagliante). Dove siamo? (La luce diminuisce e Pegasus realizza di essere fuori dalla terza casa) Eh?? Ma... Abbiamo passato la casa di Gemini! Incredibile!
SIRIO - Le illusioni create da Gemini non avevano effetto su di me. Sei stato tratto in inganno solo perché tu puoi vedere.
PEGASUS - Avevi ragione: era solo un'illusione. Non l'avrei mai creduto!
SIRIO - Non era il cavaliere d'oro di Gemini quello che si è parato di fronte a noi: era il suo fantasma, (pausa) proiettato da qualcuno al solo scopo di ingannarci.
PEGASUS - Capisco: dovunque si trovi l'artefice di questa illusione, speriamo di non incontrarlo più.
[...]
Questa sera spettacolo teatrale all'Alfieri di Asti. Una sublime rilettura del poemetto erotico di Shakespeare "Venere e Adone", intrigante e sovversiva come può essere la nostra visione in un labirinto di specchi.
Due soli personaggi in scena: un efebico Adone con l'eleganza e lo smarrimento di una farfalla-origami nelle mani di una Venere baccante più che dea olimpica, interpretata da Valter Malosti.
Venere si presenta come il buco nero gorgogliante della Materia informe che divora e rimescola tutto ciò con cui viene a contatto (persino la voce di Adone che diventa rigurgito ebete nella sua bocca), l'anima sensuale che si prostituisce con l'Apparente. Adone invece è il Cacciatore, lo Spirito che cerca disperatamente di liberarsi dai vincoli della Materia e del cieco Desiderio (ancora le sue trappole...).
Uno spettacolo totale che coinvolge i sensi, la mente e il cuore.
Musiche da John Blow ad Aphex Twin.
Ulteriori informazioni qui.
Le idee delle cose presenti nell'anima, che rivelano ciò che in essa è contenuto e per le quali Dio è in qualche modo tutte le cose, è lui che le illumina nell'anima. Ma è dopo aver deposto tutte queste forme che l'anima contempla la divinità. Negando e rimuovendo da se stessa tutte le idee delle cose, si volge sopra di sé e vuole conoscere la causa prima.
E l'intelletto nell'anima si ottenebra, poiché non riesce a sostenere quella luce increata. E così, quando si volge a se stesso, dice: Ecco io sono nelle tenebre.
Gli disse allora Pilato: «Dunque sei tu re?».
Rispose Gesù: «Tu dici che io sono re. Io sono nato per questo e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Gli dice Pilato: «Che cosa è la verità?».
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(Cambio di scena improvviso. Domanda senza risposta (?))
Quaestio speculum humanitatis.
Pubblicate nuove foto di Mombercelli sulla mia pagina di Panoramio.
«Che pianta è quella?».
La luce dura del mezzogiorno rendeva i rami secchi dell'albero piatte crepe nere su un cielo perlaceo di umidità in sospensione. Ero in cucina da solo, in quel momento, seduto accanto al tavolo ingombro di cose. Qua e là sui rami nudi e immobili pendevano baccelli rinsecchiti anch'essi. Il sole allo zenit non permetteva alle ombre esterne di penetrare dalla finestra aperta sul piccolo terrazzo.
«È un'acacia», mi rispose la voce amica ritornata nella stanza.
Ma la domanda, un'accozzaglia di suoni idioti indegna di risposta, era solo un rigurgito della mia anima sensibilis, quella che i maestri sufi chiamano an-nafs: ciò che i miei occhi stavano vedendo - l'albero, il cielo, il terrazzo - era una proiezione della mia mente.
Quello che mi aveva folgorato era altro.
Avevo compreso perfettamente lo spazio che separava me dalla mia visione. Non era lontananza nostalgica, né asfissiante vuoto pneumatico. Anzi. Era densità e presenza. Lo Spazio in sé.
Se in quegli istanti non feci alcun movimento non fu per impotenza o sopraffazione, ma perché non ve n'era la necessità. Non c'era un altrove da raggiungere o una preda da afferrare. Io ero il mio Altrove e la mia Preda.
Nella Qabbalah luriana si afferma che il primo atto della Creazione fu il ritirarsi dell'Uno "da sé in se stesso" lasciando uno spazio vuoto destinato ad accogliere la Creazione stessa: ora ho compreso il senso di quel vuoto e quanto esso sia lontano dal comune intendere.
Un'acacia... Avevo balbettato la mia stupida domanda immediatamente dopo aver ricevuto la più fulgida delle risposte.
Ho pubblicato nuove foto sulla mia pagina di Panoramio.
Inoltre, le quattro foto che avevo inserito a dicembre, sono ora visibili direttamente in Google Earth.
Venerdì ho finito di leggere La casa sull'abisso di William Hope Hodgson, romanzo breve del terrore (come avrete capito, sono un appassionato di questo genere letterario...) davvero singolare. In certi punti sembra di leggere Lovecraft: fantastico!
Libro consigliatissimo per chi cerca "atmosfere" particolari, più che per la trama, che lascia irrisolti (forse volutamente?) molti punti.
Ho caricato su Gigapan una nuova foto panoramica. Si tratta di una veduta di Mombercelli realizzata da me unendo 58 foto, per un totale di 110 Mpixel. La potete vedere cliccando qui.
Dopo il grande Stephen King sono passato a qualcosa di molto più "soft"... L'anno della lepre di Arto Paasilinna è un romanzo on the road scorrevole (l'ho letto in meno di una settimana), ironico e ricco di spunti narrativi interessanti. Peccato però che l'autore non abbia approfondito maggiormente la psicologia dei personaggi lasciando ampio spazio in questo alla fantasia dei lettori: in molti punti la narrazione ne risente e certe situazioni complesse vengono risolte in poche righe. Anche la struttura "a pannelli" data dall'autore al romanzo contribuisce a creare un effetto vagamente "straniante" in chi legge, che se da un lato aumenta l'atmosfera surreale dei singoli episodi, dall'altro non permette al lettore di partecipare pienamente dell'umanità dei personaggi. È comunque una buona lettura se non ci si aspetta niente di "mistico".
L'uomo sciocco è così fatto che, a forza di sentirsi dare dello sciocco, finisce col crederlo e, a forza di dirselo da sé, anche. L'uomo, infatti, intrattiene con sé stesso una conversazione interiore, che è molto importante regolar bene: «Corrumpunt mores bonos colloquia mala» (1 Cor, 15, 33).
Questo pomeriggio ho terminato la lettura de "Le notti di Salem" di Stephen King. Che dire: è un romanzo avvincente dalla prima all'ultima pagina. L'ho letteralmente divorato. E ancora una volta (di King ho letto anche "Cell", un'allucinata apocalisse postmoderna) mi ha lasciato a bocca aperta l'abilità dell'autore nel dipingere i propri personaggi, anche quelli che vivono il tempo di una pagina: non solo ne descrive il carattere, i comportamenti, la psicologia ma riesce a farci sentire chiaramente qual è la "visione del mondo" di ognuno di essi. I suoi personaggi conducono vite più o meno normali, eppure proprio grazie a questa straordinaria profondità descrittiva dell'autore sono unici e irripetibili. Proprio come le persone con cui condividiamo il nostro angolo di mondo. Realismo kinghiano?
Altamente consigliato!
Quello dell'anno passato è stato un autunno particolare.
Dava l'impressione di un'estate sospesa: la natura seguiva il suo ritmo normale ma tutto era immerso in una luce e in un calore inusuali. La vegetazione si spogliava, ma senza l'uggia che contraddistingue di solito quel periodo, anzi, con una dionisiaca sensualità. Era un piacere restare a contemplare le infinite sfumature delle vigne e dei boschi rese più sature dal sole del tramonto: si andava dal rosso carminio e granata fino al giallo oro e all'ambra in un fiammeggiante caleidoscopio.
E fu proprio in una mattina di quell'insolito autunno che ebbi una delle mie numerose pulviscolari rivelazioni. Attraversavo in macchina un piccolo paese per recarmi al lavoro. Alle mie spalle il sole era poco più alto degli alberi delle colline. Percorrevo lentamente un tratto di strada in discesa poco trafficato, che avrei poi lasciato svoltando a sinistra. I pensieri in testa e le persone per la via seguivano le loro proprie logiche cristalline.
Fu allora che iniziai a vederlo.
Procedeva lentamente, in senso contrario rispetto al mio, sul marciapiede di sinistra, proprio in prossimità del punto in cui dovevo svoltare. La luce bianca e abbacinante del sole mattutino dietro di me lo inondava. Avvertii allora il fluire brulicante dei miei pensieri non interrompersi all'improvviso, ma come svanire dolcemente, per lasciar spazio a un silenzio interiore puro e insondabile. Veniva avanti curvo sotto il peso dei suoi anni un omino sottile, la testa china a studiare ogni passo sotto un vecchio borsalino chiaro, sorretto da un nodoso bastone da passeggio fatto in casa. Portava una giacca e un paio di pantaloni chiari, entrambi i capi erano abbondanti per la sua taglia, un poco stazzonati ma decorosi: probabilmente un tempo erano stati gli abiti della festa.
Nella sua lentezza studiata arrivò alla fine del marciapiede proprio mentre io stavo svoltando davanti a lui. Si fermò esattamente sul ciglio e alzò la testa. Il viso, pallido, era segnato da rughe profonde e da una barba corta ma ispidissima. Un paio di occhiali dalla montatura nera e dalle lenti tonde e spessissime se ne stava appollaiato goffamente sul suo naso e rifletteva la luce del sole impedendomi di vedere gli occhi. Alzò la testa e il semplice atto di controllare che non ci fossero macchine, per attraversare la strada in sicurezza, divenne un amplissimo, solenne movimento del capo verso l'alto che parve andare oltre le automobili di passaggio, oltre il nastro d'asfalto, oltre gli anonimi edifici intorno, per fissarsi infine nel sole e intrattenere con esso un indecifrabile dialogo silenzioso.
Fui scosso da un violento brivido improvviso. L'avevo ormai superata, ma come ipnotizzato continuavo a guardare nello specchietto retrovisore quella figurina che diveniva sempre più piccola: restava immobile sul bordo del marciapiede guardando chissà dove. Poi un'altra brusca svolta a sinistra se la portò via per sempre.
Svanì l'incanto in cui ero stato rapito e ricominciai a sentire lo scroscio impetuoso dei pensieri a cui si era aggiunto il turbamento per l'intensa emozione appena provata. Cercai subito di ricostruire i pochi secondi di quella visione, chiedendomi che cosa davvero l'avesse provocata, ma non ottenni una risposta soddisfacente. Restava e resta tuttora intatto il mistero di quegli istanti. Quello che videro i miei occhi era identico a quello che videro gli occhi dei pochi altri passanti presenti in quel momento e continuo a chiedermi se qualcuno di essi abbia provato qualcosa anche solo vagamente simile a ciò che avevo provato io. Altra domanda senza risposta.
Ciò che rimane, intenso e aromatico come un profumo di spezie, è la sensazione che davvero i sensi siano solo una soglia.