mercoledì 8 ottobre 2008

Perle archivistiche

Oggi nel piccolo archivio parrocchiale che sto riordinando ho trovato un decreto vescovile datato 15/9/1893 in latino ma perfettamente conservato e leggibile. Cito il punto centrale della disposizione:


[...] Attentis precibus nobis porrectis, tibi praesalutato facultatem concedimus tres modernas nolas supra turrim istius paroecialis ecclesiae locandas benedicendi iuxta formam Pontificalis Romani. [...]


Semplicissimo da capire, no? Il vescovo concede al parroco la facoltà di benedire tre nuove campane che dovranno essere sistemate sul campanile della chiesa parrocchiale.


Bene, la volontaria che qualche anno fa ha riordinato l'archivio ha regestato questo documento così: Concessione di tre locande della chiesa (!!!).


Devo aver riso un quarto d'ora di fila...


Ma non è finita! In un altro decreto vescovile datato 19/3/1913 sempre in latino si può leggere:


[...] Visis precibus a te nobis porrectis, tibi praesalutato, Apostolica Auctoritate muniti, facultatem concedimus benedicendi iuxta formam Pontificalis Romani, non exclusis Sacrorum Oleorum unctionibus, novam nolam ad usum ecclesiae tuae parochialis atque facultatem concedimus aquam occurrentem benedicendi iuxta formam eiusdem Pontificalis Romani. [...]


Anche qui non ci sono problemi di interpretazione: il vescovo concede al parroco la facoltà di benedire una nuova campana ad uso della chiesa parrocchiale e la facoltà di benedire l'acqua necessaria per detta benedizione.


Bene, la nostra volenterosa volontaria per condensare in poche parole questa complicatissima disposizione non ha saputo trovare di meglio che: Concessione di acqua occorrente per la benedizione (quando si dice capacità di sintesi...).


Me lo vedo: il vescovo che, nella sua munificenza, manda al povero curato di campagna un secchiello di acqua benedetta utile, magari, per benedire le tre locande parrocchiali...


lunedì 22 settembre 2008

Spazi sacri

Ho ripensato, in questi ultimi giorni, a quanto scritto nel mio post del 15 scorso relativamente alle sensazioni provate nel fitto dei boschi in montagna.


Non sono forse le stesse sensazioni che gli uomini tentano di ricreare nei loro luoghi sacri? Il silenzio, la penombra (che spesso è semioscurità), la densità spaziale ricostruita con gli espedienti più diversi: foreste di colonne (penso a Luxor e a tante moschee del mondo musulmano), fumi e profumi di candele e incensi (che da sempre saturano gli spazi sacri delle religioni più disparate), liturgie. In Giappone certi luoghi naturali (perlopiù, guarda caso, foreste di conifere) sono considerati e venerati come veri e propri santuari. Gli esempi in questo senso si sprecano.


Dunque sembrerebbe che a qualsiasi latitudine culturale ci si trovi, gli spazi sacri siano tutti accomunati da questa stessa funzione (non dichiarata o inconsapevole): creare o trovare una sorta di luogo "sospeso" che permetta di percepire l'esistenza del Tempo e il suo scorrere vertiginoso.


Trovare lo Spazio per percepire il Tempo.


Infine un frammento di Tacito che continua a ronzarmi nella testa da quando ho focalizzato l'attenzione sugli spazi sacri (e quindi dev'essere importante): "Romanorum primus Cn. Pompeius Iudaeos domuit templumque iure victoriae ingressus est: inde vulgatum nulla intus deum effigie vacuam sedem et inania arcana" (Tacito, Historiae V, 9).


Inania arcana...

giovedì 18 settembre 2008

Un anno

Esattamente un anno fa nasceva questo blog.


Di solito in occasioni come queste si fanno bilanci e si delineano prospettive, ma per un blog (e in particolar modo per questo blog) un'operazione del genere non avrebbe molto senso.


Ho riletto il primo post e non posso che riconfermare qui i propositi di allora.


Voglio però, alla luce di quanto ho raccolto in questo primo anno, aggiungere alcune considerazioni:
1) questo blog non è un diario di fatti: gli avvenimenti che vengono raccontati sono parentetici oppure pretestuosi per parlare d'altro, per esprimere altro;
2) questo blog non ha la pretesa di dire la verità: se qualcuno ha avuto l'impressione di trovare qualche brandello di verità in questo blog è stato del tutto casuale (e il caso, si sa, non esiste);
3) questo blog non persegue ideali di obiettività o correttezza.


Qui non c'è altro che qualche traccia lasciata dall'imponderabile e affannoso battito d'ali di una coscienza.


Auguri.


lunedì 15 settembre 2008

Non ci speravate più, eh?

Incredibile! È passato quasi un mese dal mio rientro dalle vacanze a Siusi e solo ora riesco a pubblicare sul blog le foto più belle (leggi: quelle che mi piacciono di più). Eh, sì, è stato un vero parto, anche perché quelle che vedrete sono il distillato di un coacervo di più di mezzo migliaio di foto scattate durante quei fantastici quattordici giorni con la mia fida Nikon D200.


Ho diviso le foto in due album: uno per quelle a colori e uno per quelle in bianco e nero. Tutte le foto di entrambi questi gruppi sono state stampate e il risultato è stato veramente notevole! ^__^


Foto a colori


Foto in bianco e nero


Per quanto riguarda la vacanza in sé, è stata *fantastica*! Non avrei saputo sperare di meglio. Essere liberi e averne consapevolezza è una sensazione davvero inebriante. Non potrò mai dimenticare le passeggiate nei boschi dei primi giorni: niente discorsi o parole inutili, solo il suono del mio respiro e quello ovattato dei miei passi lungo i sentieri. C'erano poi alcuni tratti di bosco così fitti che la luce del sole restava intrappolata nell'intrico dei rami: lì il silenzio diventava arcano, abissale. Un luogo dove anche il Tempo con le sue trappole era costretto a restare immobile per non essere scoperto, accucciato dietro gli enormi massi coperti di muschio in attesa di un passo falso della sua preda. E sentivi che solo lì c'era qualche speranza di farcela, che solo lì potevi giocartela alla pari, perché solo lì potevi avvertire chiara la sua occulta esistenza.


Perché si prova così tanta diffidenza, per non dire ostilità, verso la solitudine e il silenzio?