Ho ripensato, in questi ultimi giorni, a quanto scritto nel mio post del 15 scorso relativamente alle sensazioni provate nel fitto dei boschi in montagna.
Non sono forse le stesse sensazioni che gli uomini tentano di ricreare nei loro luoghi sacri? Il silenzio, la penombra (che spesso è semioscurità), la densità spaziale ricostruita con gli espedienti più diversi: foreste di colonne (penso a Luxor e a tante moschee del mondo musulmano), fumi e profumi di candele e incensi (che da sempre saturano gli spazi sacri delle religioni più disparate), liturgie. In Giappone certi luoghi naturali (perlopiù, guarda caso, foreste di conifere) sono considerati e venerati come veri e propri santuari. Gli esempi in questo senso si sprecano.
Dunque sembrerebbe che a qualsiasi latitudine culturale ci si trovi, gli spazi sacri siano tutti accomunati da questa stessa funzione (non dichiarata o inconsapevole): creare o trovare una sorta di luogo "sospeso" che permetta di percepire l'esistenza del Tempo e il suo scorrere vertiginoso.
Trovare lo Spazio per percepire il Tempo.
Infine un frammento di Tacito che continua a ronzarmi nella testa da quando ho focalizzato l'attenzione sugli spazi sacri (e quindi dev'essere importante): "Romanorum primus Cn. Pompeius Iudaeos domuit templumque iure victoriae ingressus est: inde vulgatum nulla intus deum effigie vacuam sedem et inania arcana" (Tacito, Historiae V, 9).
Inania arcana...
1 commento:
Non so se sei mai entrato nel duomo di Milano o in quelle chiese enormi tipo forse anche San Petronio a Bologna. Il clima è molto simile a quello che tu descrivi; non avevo mai pensato allo spazio senza Tempo, ma di sicuro e difficile entrare senza percepire il silenzio di cui tu parli. La cosa che incombe che stupisce e riempie di Mistero è l'ampiezza deglli spazi; l'uomo ha quasi bisogno di questo silenzio, ma capisco sulla mia pelle che è faticoso sopratutto quanto meno sei semplice, il silenzio ti spoglia e di fronte a sè chi ha il coraggio di scherzare?
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