domenica 4 maggio 2008
sabato 26 aprile 2008
La prima lettera
Un maestro Sufi prese a rievocare la sua infanzia.
E si ricordò di quando, a scuola, imparò la prima lettera dell'alfabeto.
Quella volta tornò a casa felice, come se gli si fosse dischiuso un nuovo mondo.
Per tutto il tempo non fece che pensare all'àlif, inquadrandolo con l'occhio della mente.
Dopo qualche mese, quando i suoi compagni avevano già imparato le altre, lui era ancora alla prima lettera.
L'insegnante lo giudicò severamente e consigliò ai genitori di ritirarlo dalla scuola.
I suoi studi terminarono così.
Per parecchi anni il Sufi rimase concentrato sull'àlif. Dopotutto, ai suoi occhi quella lettera offriva l'universo intero.
E gli pareva di ritrovarla in ogni cosa, in un gioco di mosaici gioiosi che gli svelavano il segreto della vita.
Essa animava la danza delle creature, permettendo ai silenzi più profondi di riecheggiare nella notte.
Persino le stelle del cielo sembravano impregnate della sua energia.
Il Sufi decise di comunicare la scoperta ai suoi simili.
E andò a far visita al maestro d'infanzia, ormai anziano.
Sulle prime costui stentò a riconoscerlo: «Con un certo sforzo, alla fine, capisco chi sei. Non posso certo annoverarti tra i miei alunni migliori: ho dovuto cacciarti dalla scuola! Ricordo la tua difficoltà: imparasti solo una lettera!»
Il Sufi tentò di replicare: «Ma nell’àlif c'è tutto il mondo! Lo capii sin da bambino!»
Con aria di scherno il vecchio gli porse un foglio di carta, invitandolo a scrivere la lettera prediletta.
Il Sufi non se lo fece ripetere, e tracciò un enorme àlif al centro del foglio.
All'improvviso, dalla carta uscirono ad ali spiegate due bianche colombe.
E nello stesso istante il soffitto si aprì, mentre una luce intensa inondava la stanza.
La scena era del tutto mutata, e i contorni di un angelo sembravano delinearsi nel bagliore!
Solo allora il vecchio si rese conto dell'enorme conoscenza acquisita dal Sufi, in virtù di quella prima lettera.
E a quel punto lo amò teneramente, ammettendo i propri errori e la propria ottusità.
"Piccola Biblioteca Oscar", Milano, Mondadori, 1996
La lettera àlif | L. Fontana, Concetto spaziale: Attesa |
mercoledì 23 aprile 2008
Documenti antichi su scribd.com
Ho provato il servizio di condivisione di documenti offerto da scribd.com... È semplicemente fantastico!!! Ho aperto un account dove pubblicherò tutte le edizioni digitali di documenti antichi interessanti che troverò negli archivi. Ieri notte ho caricato il secondo, ma ne sto preparando altri...
Si possono anche inserire i documenti nelle pagine del proprio sito! (Cliccando sull'iconcina in alto a destra della finestra sottostante si può visualizzare il documento a schermo intero).
sabato 19 aprile 2008
190307
La farfalla vibrò il colpo al cuore del Sistema Solare. Che cos'è questo sentimento d'attesa cosmico nel silenzio dei millenni? Ho visto il gigante di pietra muoversi verso lo spettro della muraglia dipinta e schiantarvisi come il presagio della rovina.
C'è stato un tempo in cui le rose fiorivano con un sussulto divino, ora cercano disperatamente il vuoto. Al sentimento del fuoco inestinguibile aggiungo la pena per le lucciole della sera.
Mi parlate di città lontane e vuote che non offrono che disperazione. Cosa aspettate a mostrarmi le radiografie perverse della vostra civiltà? Non sono forse io il verme putrido della terra?
Resto in attesa.
martedì 15 aprile 2008
domenica 13 aprile 2008
Verità dello sguardo/Sguardo della verità
Dedico questi due testi del poeta surrealista Jean Tardieu (1903-1995) a Eros&Thanatos che mi ha dato uno spunto molto interessante di riflessione.
Monsieur monsieur | Signore signore |
– Monsieur, pardonnez-moi de vous importuner: quel bizarre chapeau vous avez sur la tête! – Monsieur vous vous trompez car je n'ai pas de tête comment voulez-vous donc que je porte un chapeau! – Et quel est cet habit dont vous êtes vêtu? – Monsieur je le regrette mais je n'ai plus de corps et n'ayant plus de corps je ne mets plus d'habit. – Pourtant lorsque je parle Monsieur vous répondez et cela m'encourage à vous interroger: Monsieur quels sont ces gens que je vois rassemblés et qui semblent attendre avant de s'avancer? – Monsieur ce sont des arbres dans une plaine immense, ils ne peuvent pas bouger car ils sont attachés. – Monsieur Monsieur Monsieur au-dessus de nos têtes quels sont ces yeux nombreux qui dans la nuit nous regardent? – Monsieur ce sont des astres ils tournent sur eux-mêmes et ne regardent rien. – Monsieur quels sont ces cris quelque part on dirait on dirait que l'on rit on dirait que l'on pleure on dirait que l'on souffre? – Monsieur ce sont les dents les dents de l'océan qui mordent les rochers sans avoir soif ni faim et sans férocité. – Monsieur quels sont ces actes ces mouvements de feux ces déplacements d'air ces déplacements d'astres roulements de tambour roulements de tonnerre on dirait des armées qui partent pour la guerre sans avoir d'ennemi? – Monsieur c'est la matière qui s'enfante elle-même et se fait des enfants pour se faire la guerre. - Monsieur soudain ceci soudain ceci m'étonne il n'y a plus personne pourtant moi je vous parle et vous, vous m'entendez puisque vous répondez! – Monsieur ce sont les choses qui ne voient ni entendent mais qui voudraient entendre et qui voudraient parler. – Monsieur à travers tout quelles sont ces images tantôt en liberté et tantôt enfermées cette énorme pensée où des figures passent où brillent des couleurs? – Monsieur c'était l'espace et l'espace se meurt. | – Signore mi perdoni se forse la disturbo: che bizzarro cappello avete sulla testa! – Signore lei si sbaglia perché io non ho più una testa come volete dunque che porti un cappello! – E quell'abito che lei porta, cos'è? – Signore mi dispiace ma io non ho più corpo e non avendo corpo non porto più vestiti. – Eppure quando le parlo, Signore, lei risponde e ciò mi dà coraggio a interrogarla ancora: Signore chi sono quelle persone che vedo riunite e che paiono attendere prima di incamminarsi? – Signore sono alberi in un'immensa piana, che non possono muoversi perché hanno radici. – Signore Signore Signore sopra le nostre teste cosa sono questi numerosi occhi che ci guardano nella notte? – Signore sono stelle ruotano su se stesse e non guardano nulla. – Signore cosa sono queste grida in qualche luogo che si direbbe... Si direbbe che qualcuno rida Si direbbe che qualcuno pianga Si direbbe che qualcuno soffra? – Signore sono i denti i denti dell'oceano che mordono gli scogli senza aver sete né fame e senza ferocia alcuna. – Signore cosa sono questi eventi questi movimenti di fuoco questi spostamenti d'aria questi moti d'astri brontolii di tamburo brontolii di tuono che sembrerebbero eserciti che partono per la guerra senza avere nemici? – Signore è la materia che genera se stessa e genera dei figli per far guerra a se stessa. – Signore all'improvviso questo all'improvviso questo mi confonde non c'è più nessuno eppure io le parlo e lei, lei mi sta ascoltando dal momento che mi risponde! – Signore sono le cose che non vedono né sentono ma che vorrebbero sentire e vorrebbero parlare. – Signore entro ogni cosa che sono queste immagini talvolta in libertà e talvolta prigioniere questo pensiero enorme dove passano forme e dove brillano i colori? – Signore era lo spazio ora lo spazio muore. |
Nous voulons nous étourdir à force de lampes et de bruit. Tous nos livres, toutes nos actions ne sont remplis que du fracas des jours. Pourtant ce qui nous gouverne - instincts, imagination, rêves, passions, pouvoir créateur - plonge dans une ombre sans contrôle. Nous implorons, nous espérons la lumière, alors que, par un effet contradictoire, cette obscurité qui nous terrifie nous alimente puissamment.
Mais il y a autre chose. Cette nuit si terrible apparaît bénéfique si nous l'embrassons, les yeux ouverts, dans la vérité du regard.
Ci vogliamo stordire a forza di lampade e di casino. Tutti i nostri libri, tutte le nostre azioni sono ricolme solo del fracasso dei giorni. Eppure ciò che ci guida - istinti, immaginazione, sogni, passioni, vis creativa - affonda in un'ombra incontrollabile. Imploriamo, aspettiamo la luce, quando, per un effetto contraddittorio, questa oscurità che ci terrorizza nel contempo ci nutre prepotentemente.
Ma c'è di più. Questa notte così terribile si rivela benefica se l'abbracciamo, gli occhi aperti, nella verità dello sguardo.